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Mancini e Vialli si ritrovano

Mancini e Vialli si ritrovano
ROMA – A destra, in campo, Roberto; a sinistra, in panchina, Gianluca: il calcio si diverte a volte a disegnare parabole e destini, a rinnovare incontri e storie. Stasera, ora di cena, stadio Olimpico, Lazio-Chelsea, Champions League, non è solo calcio di classe e soldi, è un’emozione che si rinnova, è un pezzo di pallone nazionale degli ultimi anni. Mancini da una parte, Vialli dall’altra: da avversari. Uno, il primo, a 35 anni, gioca ancora, scavalla, ma sta per dire addio e già pensa a un futuro lontano dal prato verde; l’altro, ha detto basta con dribbling, gol e botte in campo, sta a Londra, fa una vita da borghese, guadagna miliardi, per primo scelse di emigrare quando i calciatori italiani erano fifoni e mammoni, scegliendo la Premier League, il Chelsea, di cui è poi dopo qualche stagione diventato l’allenatore.

Divisi, oggi: amici e compagni e bandiere e stelle e protagonisti e guasconi e tante altre cose quando erano a Genova, alla Sampdoria e i blucerchiati, allenati da Eriksson che ora è alla Lazio (altro destino che si intreccia) insegnavano calcio, vincevano gli scudetti, accendevano la luce e la spegnevano, si prendevano il palcoscenico e tutti a dire “ma quanto sono bravi e straordinari, quei due, accidenti che coppia: uno è genio, l’altro è potenza, Mancio è un’ artista, Luca è cuore e muscoli giocondi”.

A proposito, emozione: è una parola che ricorre spesso, in questa vigilia: “Non fatico ad ammetterlo, incontrarlo non è una cosa facilissima, fatemelo dire, vorrei essere in campo, almeno stavolta”, dice Luca. “Lo sento, ci parliamo spesso, non l’avrei immaginato che ci saremmo trovati da avversari”, replica, facendo un po’ il duro, Mancio, che già pensa a un futuro da allenatore, dopo le tentazioni e i ripensamenti dell’estate scorsa quando era pronto a dire basta e a farsi da parte. Novanta minuti, un tuffo, anche se può sembrare retorica. Novanta minuti e c’è da giurare che le telecamere andranno a pescare volti, ed espressioni. A destra Mancio, a sinistra in panca, Luca. Fischio d’inizio, si parte.

Al di là degli amarcord, ecco Lazio e Chelsea, le prime del loro girone. Eriksson sceglie le due punte, Inzaghi e Mancini, con Nedved e Veron a ridosso; dall’altra parte ecco Gianfranco Zola e il norvegese Flo, mentre a centrocampo e in difesa due vecchie conoscenze del calcio italiano, Deschamps e Desailly.

(7 dicembre 1999)
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Vita di Virginia Woolf

Vita di Virginia WoolfVita di Virginia Woolf 

(Tratto dal sito MondoLibri.it)
La produzione di Virginia Woolf comprende racconti, romanzi, saggi e un vasto numero di articoli e recensioni. Comincia a collaborare a vari periodici poco più che ventenne, ma per la prima opera narrativa bisogna attendere il 1915 quando la scrittrice ha trentatré anni. Virginia nasce infatti a Londra il 25 gennaio 1882 in un ambiente coltissimo e benestante frequentato dai maggiori intellettuali dell’epoca. I genitori, entrambi al secondo matrimonio, sono Leslie Stephen, noto storico e critico letterario, e Julia Jackson Duckworth donna molto in vista nella società londinese.
   
    La formazione di Virginia è, secondo le regole del costume vittoriano, tipicamente femminile: poiché solo i maschi hanno diritto a un’istruzione pubblica, viene educata privatamente dai genitori e da tutori. Virginia cercherà di sopperire all’impossibilità di ricevere un’istruzione adeguata dedicandosi a una intensa attività di lettura e scrittura. Tramite il fratello Thoby, che dal 1889 frequenta l’Università di Cambridge, conosce i discepoli del filosofo G.E. Moore, tra i quali Bertrand Russell, J.M. Keynes, Ludwig Wittgenstein, Lytton Strachey e più tardi Leonard Woolf, che sposerà nel 1912.
    Alla morte del padre nel 1904 – la madre era morta nel 1895 – i fratelli Stephen si trasferiscono nel quartiere Bloomsbury di Londra, dove ogni giovedì ricevono gli amici per discutere di filosofia, estetica e politica, in un ambiente anticonformista e brillante.
    Nel 1905 comincia a scrivere articoli e recensioni per il Guardian e il Times Literary Supplement e nel 1908 lavora al suo primo romanzo che, dopo cinque revisioni, sarà pubblicato nel 1915 con il titolo The Voyage Out (Il lungo viaggio). La sua attività di scrittrice è infatti interrotta da frequenti crisi depressive, culminate in due tentativi di suicidio nel 1904 e nel 1913, che la costringono a lunghi periodi di inattività.
    Dopo Il lungo viaggio inizia un diario che scriverà fino alla morte e lavora al suo secondo romanzo, Notte e giorno, e ad alcuni racconti. Fonda con il marito una casa editrice, la Hogarth Press, che diventerà il centro di sperimentazione per nuovi talenti letterari, come Eliot, Mansfield e Foster.
    Negli anni venti Virginia Woolf scrive molto: dopo la raccolta di racconti Lunedì o martedì comincia a scrivere il romanzo La camera di Giacobbe al quale è legato l’inizio del suo successo. È la volta poi di The Hours che diventerà in seguito La signora Dalloway (1925) e di una raccolta di saggi, The Common Reader. Tra il 1925 e il 1928 scrive Gita al faro e concepisce Le onde che sarà pubblicato solo nel 1931. Nel 1928 esce Orlando, un’opera fantastica ispirata dall’amica Vita Sackville-West, e nel 1929 Una stanza tutta per sé.
    Negli anni Trenta, dopo Flush, vita di un cane inizia Gli anni, che a causa dei numerosi impegni politici e di una biografia dedicata all’amico Roger Fry, sarà pubblicato nel 1937 e la renderà illustre anche negli Stati Uniti.
    L’ultimo romanzo Fra un atto e l’altro non sarà mai pubblicato perché Virginia, a causa dell’aggravarsi della malattia, non riuscirà a rivederlo. Il 28 marzo 1948 spaventata dall’idea di non riuscire più a guarire, si uccide annegandosi nel fiume Ouse.
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Va alla Mattel il businness dei giochi di Harry Potter

Va alla Mattel il businness dei giochi di Harry Potter
 NEW YORK – Va all’azienda “madre” di Barbie e Big Jim il grande business del mago che fa impazzire i bimbi di tutto il mondo. Sarà infatti la Mattel a produrre i giocattoli della serie di Harry Potter, il best seller della scrittrice britannica Joanne K.Rowling da mesi in cima alle classifiche di vendita degli Usa.

Da due dei tre libri finora usciti sul bambino con la saetta sulla fronte che studia alla scuola di magia di Hogwarts (in Italia i libri delle storie di Harry sono editi da Salani), il regista Steven Spielberg farà un film. La serie è stata pubblicata in 115 paesi e in 28 lingue. Dei primi titoli se ne sono venduti oltre 18,4 milioni nei soli Stati Uniti e ne sono programmati altri quattro. Di recente, la “mamma” di Harry Potter ha vinto l’Oscar della letteratura, battendo un avversario come Stephen King.

Per mesi si erano rincorse le voci sulla vendita dei diritti per i giocattoli da parte della Warner Bros Worldwide Consumer Products (divisione della Time Warner Inc.) e ora è arrivato l’annuncio, anche se le due compagnie non hanno fornito alcun dettaglio sui giochi, limitandosi a confermare che ci saranno bambole, giochi da tavolo e hi-tech games. Di certo, sarà un grande business, così come Harry è un affare anche sulla Rete, dove proliferano i siti a lui dedicati, assieme a chats, newsgroup e servizi di e-commerce.

(11 febbraio 2000)
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Ero quasi senza soldi poi è arrivato Harry Potter

Ero quasi senza soldi poi è arrivato Harry PotterLe storie del magico ragazzino scritte in un caffé
di Edimburgo con accanto il passeggino della figlia

  

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 E’ la regina dei libri per bambini. In soli tre anni con le storie di Harry Potter ha conquistato il cuore dei piccoli e le copertine dei giornali di tutto il mondo. Pochi giorni fa c’è stato il lancio del suo quarto libro Harry Potter and the Goblet of Fire e sulle sue storie a Hollywood c’è un film in lavorazione. Joanne Kathleen Rowling, la scrittrice scozzese per 98 settimane nella classifica dei best seller del “New York Times” intervistata per il “Venerdì” di Repubblica che domani sarà in edicola, confessa: “Depressione e povertà sono state le molle del mio successo”.

I libri su Harry Potter hanno venduto, oggi, oltre 30 milioni di copie e sono stati tradotti in 31 lingue, ma lei, nel 1993, era soltanto una madre separata e senza soldi con alle spalle un matrimonio fallito. Scriveva le sue magiche storie in un caffè di Edimburgo, mentre Jessica, la figlia, dormiva nel passeggino. Ma l’essere stata disperata e a corto di denaro sono stati per lei fattori determinanti.

Riesce a credere a quello che le è accaduto? Si sveglia mai pensando che non può essere vero? “Quasi Ogni mattina. A questo successo proprio non potevo crederci. Ora poi ho più soldi di quanto avrei mai sognato. Ho convissuto per molto tempo con la preoccupazione per il denaro come se fosse una persona che abitava con me e ora ho smesso di preoccuparmi”.

J.K. Rowling è nata a Chipping Sodbury nel luglio del 1965. Il padre era apprendista motorista alla Rolls-Royce, dove lavorava su motori d’aereo; la madre era in parte francese e in parte scozzese. Joanne e la famiglia vissero a Yate, nei dintorni di Bristol, e poi a Winterbourne, ed è proprio lì che si trovò ad abitare a quattro porte di distanza dai Potter.

Joanne ha preso dei frammenti del proprio passato e li ha trasferiti su Harry e sui suoi amici, Hermione e Ron. Così trascorre molto tempo nel mondo di Harry, e anche quello è reale per lei. Ogni personaggio ha un albero genealogico, una psiche, persino esigenze alimentari. È lei che comanda, è quindi conosce il loro futuro, ma non lascia trapelare molto.

È lei che ha avuto l’idea di un Harry Potter a puntate, sapendo fin dal principio che ci sarebbero stati sette libri (uno per ogni anno da lui passato in collegio), e che ha scritto anni fa il capitolo finale del settimo libro. Lo ha tenuto in giro per casa per un mucchio di tempo prima di rendersi conto che avrebbe dovuto essere messo al sicuro. Dove, in una banca? “No, un posto più sicuro”.

Oggi la sua vita quotidiana, come lei la definisce, non ha niente di affascinante. Accompagna Jessica a scuola e passa la mattinata a casa a occuparsi delle “800 cose che capitano”. Soprattutto riceve un numero impressionante di lettere dai bambini e risponde a tutti quanti. Poi, nel pomeriggio, va in un caffè a scrivere – “Lavorare a casa è opprimente”, spiega – e la sera torna a occuparsi della bimba e degli animali. Il futuro? “Il problema è se la gente continuerà a interessarsi a me quando avrò finito di scrivere – dice – Fino a quando il settimo libro non sarà terminato, la mia attenzione deve andare tutta a Harry Potter[bb].

(20 luglio 2000)
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Vialli ha nostalgia dell'Italia

Vialli ha nostalgia dell’Italia

GIUSEPPE CALABRESE    (La Repubblica)
LONDRA – La testa pelata di Gianluca Vialli è un bagliore in mezzo al prato verde dell’Imperial College. E’ il giorno della presentazione di Panucci, ma il capo è sotto accusa. Mercato eccessivo, troppi soldi spesi e, soprattutto, troppi stranieri. Il capo è in mezzo al campo, i giornalisti lo aspettano. Lo bombardano di domande e accuse. I muscoli della faccia di Vialli restano impassibili. Ascolta. Risponde: “Abbiamo speso ventiquattro milioni di sterline e ne abbiamo ricavati quindici dalle cessioni. Lo sbilancio è solo di nove milioni”. Che in Italia sarebbero poco meno di trenta miliardi. Sciocchezze, eppure qui sono pronti a montarci sopra un caso. E tra l’altro il mercato non è ancora chiuso, se la Lazio molla Zenden, il Chelsea è pronto a fare un’offerta. “Altra mentalità – spiega Vialli – Io sono molto contento della squadra che abbiamo fatto, il nostro obiettivo è vincere il campionato”. E poi chissà, magari tornare in Italia. Il contratto di Vialli scade a giugno e l’avventura in Premiership potrebbe anche essere finita. “Quando sono venuto a Londra dissi che mi serviva un periodo di apprendistato prima di allenare in Italia perchè il nostro campionato è il più difficile di tutti – continua Vialli – E ora mi chiedo se sono pronto. Forse sì, credo di essere pronto. Anche se è presto per pensarci, però l’Italia è una possibilità. Fra due o tre mesi deciderò”. Già, perchè prima c’è il campionato.

Domani affronta in Supercoppa inglese il Manchester a Wembley, poi sabato l’esordio con il West Ham. Intanto pensa all’Italia: “Roma e Lazio sono un gradino sopra le altre, però mi sembra che il campionato si sia livellato. Sarà una bella lotta”. Si è preso anche Panucci, neppure questo è piaciuto agli inglesi. “Avevamo la possibilità di prendere in prestito un giocatore che ha grande esperienza internazionale e ha vinto tutto. Non ce lo siamo lasciati scappare. Tutto il resto sono solo chiacchiere”. Anche Panucci ha l’Italia dentro. L’Italia lo ha fatto emigrare per la seconda volta e lui non vede l’ora di tornare. “Non è vero che per me nel calcio italiano non c’era più posto. Si è parlato del Milan e se aspettavo ancora magari andavo alla Roma. Le possibilità c’erano ma ho fatto una scelta di vita. Sono venuto qui per recuperare un po’ di tranquillità”. E quel posto in nazionale che Lippi gli ha fatto perdere. “Lasciamo stare Lippi, di lui non voglio parlare. Mi ha fatto perdere gli Europei, ma ora basta. La vita è fatta così. Certo se non giochi mai, è difficile andare in nazionale. Non so che idee abbia Trapattoni ma farò di tutto per farmi notare. Voglio andare ai Mondiali, mi piacerebbe. Spero che il Chelsea mi dia una mano”. Domani non gioca, la condizione è quella che è e poi manca ancora il transfer, che arriverà la prossima settimana. Per l’esordio in campionato, però, ci sarà. Quando Vialli lo ha chiamato, un mese fa, Panucci aveva già dato la sua parola a Capello. A Capello, non alla Roma, ci tiene a precisarlo. “Sì, avevo parlato con Capello e gli avevo dato la mia parola. Ma la trattativa è andata troppo avanti così ho richiamato Vialli e in due giorni ci siamo messi d’accordo. Credo che sarà un’esperienza importante. E fra un anno decido, se non mi sono trovato bene torno in Italia”.

Panucci insomma resta al Chelsea fino a giugno, poi si vedrà. La società inglese può riscattarlo per quindici miliardi. “Il calcio inglese mi piace, ho parlato con Vialli e mi ha detto come vanno le cose qui. Il mio ruolo? Terzino destro, ho sempre fatto quello”. A marzo diventerà papà, la sua fidanzata Isabell è incinta. “Il prossimo anno mi porterà un figlio e spero anche lo scudetto”. Tutti lo cercano qui su questo immenso prato verde dove Vialli costruisce i sogni del Chelsea. Lontano, dall’altra parte del campo, Zola palleggia da solo davanti a una porta vuota. Voleva tornare in Italia, magari a Napoli, invece è rimasto. E’ dovuto rimanere. “Aveva dei problemi familiari, ma ora è tutto risolto” spiega Vialli. Ma non è così. Si capisce dallo sguardo di Zola e da quella sua voglia di parlare. Ma non può. “Scusami ma non posso proprio dire niente. Il Napoli? No, soprattutto di quello non posso parlare. Scusami, però credimi non è colpa mia”. Eh già, mica tutti i sogni si avverano subito. Ci vuole pazienza. Vialli potrebbe tornare in Italia a giugno, Panucci forse vincerà il suo scudetto e magari anche Zola l’anno prossimo potrà giocare di nuovo in Italia. Chissà.

(12 agosto 2000)
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