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La Gran Bretagna sceglie i suoi simboli

La Gran Bretagna sceglie i suoi simboli

(Tratto dal quotidiano La Repubblica)

ENRICO FRANCESCHINI

LONDRA – Quali sono i simboli nazionali di un paese? La Gran Bretagna di Tony Blair, sempre impegnata a modernizzare la propria immagine (e a sfruttare nuove formule di promozione turistica), ha provato a identificarli, chiedendo a una commissione di accademici, artisti e intellettuali di fornire un elenco ragionato. Pubblicata ieri da tutti i giornali del Regno Unito, la lista comprende simboli scontati, di cui era praticamente impossibile fare a meno, come la “cup of tea”, la classica tazza di tè degli inglesi (niente zucchero, un velo di latte, please), il “RouteMaster”, ovvero Signore della Strada, il caratteristico autobus rosso a due piani con un “muso” quasi umano (sebbene sia appena andato in pensione dopo cinquant’anni di onorato servizio, sostituito da un altro bus, sempre a due piani, sempre rosso, ma ad alta tecnologia e più confortevole), e le misteriose pietre di Stonehenge, il monumento dell’era preistorica forse più famoso del mondo. Poi un romanzo, “Alice nel paese delle meraviglie”, di Lewis Carroll, un celebre ritratto dell’epoca Tudor, quello di re Enrico VIII, una canzone, “Jerusalem”, che a dispetto del nome è l’inno patriottico più amato dagli inglesi, cantata a squarciagola dal pubblico a ogni stagione all’ultima serata dei “prom”, i concerti popolari in cui l’uditorio partecipa alla musica (le liriche, basate su una poesia di William Blake, sono ispirate dalle leggenda secondo cui Gesù accompagnò Giuseppe di Arimatea a Glastonbury). E ancora: la FA Cup, versione inglese della nostra Coppa Italia di calcio (ma qui importante quanto, se non più, della corsa per lo scudetto di Premier League); un aereo, lo Spitfire, icona dell’Inghilterra nella guerra mondiale; una nave, la Ss Empire Windbrush, su cui nel 1948 gli immigrati dai Caraibi approdarono al cuore dell’Impero britannico (oggi ancorata come museo galleggiante a Tribury, nell’Essex. L’elenco dei “magnifici dodici” simboli nazionali si conclude con un antico documento ancora in uso, la “King James Bible”, la più nota traduzione della Bibbia in inglese, cominciata nel 1604 da un concilio di vescovi nel palazzo reale di re Giacomo ad Hampton Court, con una scultura d’arte moderna, “Angel of the North”, inaugurata nel 1998, vista da almeno novantamila persone al giorno, molte delle quali, in verità, la vedono solo perché gli passano davanti in automobile o in treno, all’ingresso della città di Tyneside, e con una popolarissima trasmissione di marionette televisive, il “Punch and Judy Show”. Si tratta, premette il governo britannico, di una lista parziale e provvisoria, che i suggerimenti dell’opinione pubblica dovranno completare. E i suggerimenti non si sono fatti attendere: vari quotidiani e commentatori televisivi hanno già contestato alcune delle scelte, o comunque proposto di aggiungere altri simboli. Come dimenticare, per esempio, il Big Ben o il “checker”, il caratteristico e comodissimo taxi nero dalla forma che ricorda vagamente un cappello a bombetta? Oppure il pub, o una pinta di birra “lager”, il “fish and chips”, l’elmetto del “bobby”, il poliziotto senz’armi, i Beatles, il torneo di tennis di Wimbledon, la minigonna inventata da Mary Quant a Carnaby Street negli anni Sessanta, la Mini Cooper, nella versione originale o in quella reinventata di recente, la cattedrale di St. Paul, la ruota panoramica del “London Eye” sul tamigi. Qualcuno suggerisce perfino la pioggia. Risultato: sui media e per strada, almeno per un po’, non si parla d’altro, tutti a discutere dei simboli e dell’identità nazionale della Gran Bretagna. Che era probabilmente uno degli obiettivi di Tony Blair. (9 gennaio 2006) http://credit-n.ru/microzaymi-blog-single.html http://credit-n.ru/offers-zaim/zaym-na-kartu_migcredit.html

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