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Dalle carte ai videogiochi, parte il supermerchandising di Harry Potter

Harry Potter Video GamesDalle carte ai videogiochi, parte il supermerchandising di Harry Potter

(Tratto dal settimanele Panorama)

“Non rivelate i segreti che stanno dietro all’ideazione dei prodotti, mantenete Harry Potter magico” ha scritto la J. K. Rowling alla Warner Bros dando le linee guida per i prodotti che dall’autunno invaderanno i negozi. Quindi ha approvato oggetto per oggetto, addirittura carta per carta il gioco della Wizard of the Coast, in arrivo a fine Agosto. Si gioca come a Pokèmon, con i due maghi (nel mazzo base sono Hermione e Draco Malfoy) che si sfidano con la “creature” a colpi di lezioni e incantesimi. Fra carte rare, comuni e ologrammate, ci sono anche, per concessione di Rowling, elementi che nei libri compariranno più avanti. Wizard produrrà anche le carte lenticolari con i grandi maghi del passato che Hasbro inserirà nelle caramelle “Ciccorane” , le preferite di Harry. In Italia la Gut Edizioni, (quella di smemoranda), prepara quaderni, cartelle e zaini per il rientro a scuola, mentre nelle cartolerie va forte il portachiavi a forma di “Boccino d’oro”, la pallina volante delle partite di Quidditch. L’eletronic Arts produrrà videogiochi per PC, Play Station e Game Boy. La LEGO proporrà un set da costruzione del treno rosso e del castello, tutti con trabocchetto, come Rowling pretende. E poi c’è la campagna con la Coca-Cola, che ha mantenuto misteriose anche le modalità del concorso. Si sà solo che l’azienda di Atlanta si è impegnata a favorire la lettura, in generale. D’altronde anche la Coca-Cola è un po’ magica:da oltre 100 anni non rivela i segreti della sua formula http://credit-n.ru/debitovaya-karta.html http://credit-n.ru/zaymi-listing.html

Billy Elliot: Lacrime per il musical

Billy ElliotLA REPUBBLICA – 02/04/2005

Lacrime per Billy Elliot in musical

A Londra “standing ovation” alle canzoni di Elton John Tre protagonisti e tre cast diversi per le leggi inglesi sull´utilizzo dei minorenni in scena

DAL NOSTRO INVIATO GIUSEPPE VIDETTI LONDRA

Nord dell´Inghilterra, anno 1984. In un paese devastato dalla disoccupazione, con i minatori in sciopero che inveiscono contro Margaret Thatcher, un bimbo di 11 anni orfano di madre, Billy Elliot, sogna di diventare ballerino. Complici il fantasma della mamma, la maestra di danza che guida una classe sgangherata di sole bambine per 50 penny a lezione e l´amico del cuore che lo esorta a essere se stesso e seguire il proprio istinto. Gli altri, il resto del paese, tutti contro. Soprattutto il burbero genitore che lo vorrebbe pugile provetto e reagisce violentemente quando scopre che il ragazzo «è contaminato da quella orrenda passione da finocchio». La storia, tenera e intrigante, ha già commosso il pubblico al cinema. Billy Elliot, diretto nel 2000 da Stephen Daldry, ha avuto tre nomination all´Oscar ed è diventato un film culto. Ora lo stesso team ha trasformato quel film in una commedia musicale di tre ore (costo 9 milioni di euro), la più attesa della stagione, in scena al Victoria Palace Theatre di Londra dall´11 maggio. Ma questa volta, accanto ai nomi di Daldry e dello sceneggiatore Lee Hall, ci sono anche quelli di Elton John, che ha composto le musiche, e del suo compagno David Furnish, che figura tra i produttori di Billy Elliot – The Musical. Giovedì sera, prima preview davanti a una platea, l´atmosfera era quella delle grandi occasioni, ma la composizione del pubblico decisamente originale. Una marea di adolescenti affollava ogni ordine di posto. «Piansi a dirotto quando vidi il film al festival di Cannes», ricorda Elton John. «La storia di Billy, figlio di proletari con ambizioni artistiche fuori dalla sua portata, ha molte similitudini con la mia adolescenza. Da ragazzo, sognavo di fare il musicista. Riuscii a realizzare le mie ambizioni grazie al supporto incondizionato di mia madre e di mia nonna». «Il papà di Elton era un militare, decisamente poco sensibile alla musica e ostinatamente contrario al fatto che suo figlio potesse solo sognare di diventare un cantante pop», precisa David Furnish. Liam Mower (già membro del Royal Ballet), 12 anni, il primo dei tre Billy Elliot selezionati tra tremila ragazzi a essere andato in scena, ha letteralmente fatto venire giù il teatro in parecchi momenti dello spettacolo. Quando per la prima volta partecipa a una lezione di danza in mezzo a sole bambine in tutù impegnate in una specie di «truc à plume» alla Zizi Jeanmaire; quando legge (anzi, canta su musica di Elton John) alla sua insegnante la lettera che gli ha lasciato sua madre in eredità; quando rabbioso prende a sassate gli scudi della polizia che carica la manifestazione dei minatori; quando insieme al suo amico inscena un esilarante spettacolino «en travesti»; quando audacemente sfida il collerico papà e con la sua arte, come Dio ad Abramo, riesce a fermare la mano che sta per colpirlo; quando vola sul palco (agganciato a una fune d´acciaio) ormai completamente in preda al suo sogno; infine quando, convocato dal Royal Ballet, abbandona la casa paterna e la nonna che gli ha fatto da madre alla volta di Londra per diventare cigno. La ricerca dei personaggi è stata estenuante. Per la legge inglese i bambini non possono lavorare più di tre giorni a settimana e comunque non oltre sei mesi. Per questo la produzione ha dovuto allestire tre compagnie di giovani (sono quindici i minori in scena) ognuna capitanata da un diverso Billy Elliot (al giovane Mower si alternano James Lomas e George Maguire). I piccoli devono saper ballare, recitare, cantare, fare numeri acrobatici. E devono essere coperti da una speciale assicurazione. Il musical, come si è visto l´altra sera, non è del tutto privo di rischi. Il palcoscenico è irto di insidie. Una botola lasciata inavvertitamente aperta ha rischiato di inghiottire il protagonista e uno spessore non perfettamente rientrato ha causato la caduta, fortunatamente non rovinosa, di Haydn Gwynne (la maestra di danza). Lo spettacolo è stato sospeso per qualche minuto, ma nessuno tra il pubblico ha osato fiatare. A recuperare l´intensità sono bastate le canzoni scritte da Elton John per il finale. Una su tutte, «Electricity», che il bimbo intona all´audizione per il Royal Ballet: tutti in piedi, una standing ovation quando ancora mancava un´ora alla fine. http://credit-n.ru/offers-zaim/sms-finance-express-zaimy-na-kartu.html http://credit-n.ru/blog-listing.html

Per salvare le civette si schiera Joanne Rowling

Per salvare le civette si schiera Joanne Rowling
di CRISTINA NADOTTI
 
ROMA – Troppe civette tenute in gabbia per emulare Harry Potter, la creatrice del maghetto con gli occhiali scende in campo per difendere gli animali. Joanne Rowling ha diffuso un comunicato stampa sul suo sito, per chiedere ai fan del personaggio culto di milioni di ragazzi in tutto il mondo di non copiare le sue gesta e non tenere in gabbia le civette.

Da qualche tempo, infatti, nel Regno Unito si registra un deciso incremento di vendite di gufi e civette, animali che nei gusti dei bambini hanno sostituito, grazie al ruolo che ricoprono nella serie di Harry Potter, i più comuni canarini, porcellini d’India e simili animali da compagnia.

Tutti vogliono una Edvige, la civetta che fa da messaggero (e compagna) nelle avventure di Harry Potter. Peccato che l’animale che ha reso miliardaria Joanne Rowling, grazie alla sua parte nelle gesta di Harry, Ronnie ed Ermione, sia magico, mentre le civette che i ragazzini inglesi chiudono in gabbia sono povere bestiole costrette in spazi angusti, difficilmente alimentate come si deve.

“Se qualcuno, dopo aver letto i miei libri, ha pensato che un animale può essere felice se lo si chiude in una piccola gabbia e lo si tiene in casa, voglio allora approfittare della mia popolarità per dire a chiare lettere che è sbagliato!” ha dichiarato con decisione Joanne Rowling.

“Le civette e i gufi di cui si legge nei libri di Harry Potter – continua l’autrice – non rispecchiano i reali comportamenti e le preferenze degli animali in carne e ossa. Se davvero si vuole dare espressione al proprio gradimento per questi animali, allora molto meglio sostenere gufi e civette facendo donazioni alle oasi protette in cui vivono. Solo andando a vederli nel loro ambiente si può essere sicuri di assicurare loro una vita felice e sana”.
 

Joanne Rowlings ha pubblicato il comunicato sul suo sito, dopo che esperti di conservazione animale le hanno chiesto aiuto, vista la crescente richiesta di civette che proveniva dai negozi di animali. Nel Regno Unito bastano poco più di 20 euro per portarsi a casa legalmente una civetta, ma sullo sfondo di questo mercato ci sono il bracconaggio, la caccia di frodo e la morte di altre specie di uccelli.

“Alcuni gufi vivono per oltre 30 anni in libertà – ha osservato Gay Christie, del centro di recupero animali selvatici di Beith, nell’ Ayrshire – un periodo molto più lungo di quello che di solito serve a un bambino per stancarsi di loro. Non sono adatti come animali da compagnia, per una civetta o un gufo una vita in gabbia è terribile e prendersi cura di loro in modo adeguato è quasi impossibile per un ragazzino”.

Non è la prima volta che un film scatena la mania degli animali da compagnia: è accaduto con i dalmata dopo “La carica dei 101” e con i pesci tropicali dopo “Nemo”. Ora tocca alle civette, ma la Rowling non ha perso tempo. Questa volta la “Owl mail” , la “posta della civetta”, che ha una sezione speciale sul sito dell’autrice, ha recapitato il messaggio più importante per Edvige, quello per la sua stessa sopravvivenza.

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La Grande Puzza

La Grande Puzza

Londra ha sempre avuto grossi problemi a smaltire i suoi rifiuti. Per secoli, i prodotti di scarto delle case e i rifiuti solidi e liquidi umani, venivano gettati dalle finestre direttamente sulla strada o gettati nel fiume.

Nel 1290, i Frati Bianchi fecero una prima interpellanza al Parlamento dicendo che i maleodori che provenivano dal fiume erano così intensi (oltre che pericolosi visto che uccidevano un sacco dipersone) da coprire l’odore dell’incenso più acre accesso nella chiesa 24 ore al giorno.

Si arrivò con il problema irrisolto fino al 1427, anno in cui fu fondata la prima commissione per le fogne cittadine. Quest’ultima malgrado i buoni auspici non servi molto e venne ricordata per essere luogo di corruzione e inefficienza. I londinesi erano molto recalcitranti a cambiare il loro modo di fare. Nel 15th secolo il poeta Samuel Pepys annotò in una pagina del suo diario, che la moglie si era fermata in una via affollata per fare “i suoi bisogni”. Non era un caso, tutti facevano così, non c’erano altri luoghi per farlo.

Fino a quasi tutto il 19th secolo c’erano a Londra solo 15 miglia di fogne. I gabinetti si trovavano solo nelle ville più importanti. La situazione, man mano che la popolazione di Londra aumentava sempre di più, divenne sempre più difficile. Il 1858 fu ricordato come l’anno della “Grande Puzza” con le persone che si dovevano coprire con un fazzoletto il naso ogni volta che uscivano di casa per evitare di sentirsi male!

La puzza era una cosa, ma il rischio di epidemie era molto più grave. Il valiolo e il tifo decimavano ogni tanto le popolazioni dei quartieri più affollati e degradati, ma quando l’epidemia di colera tocco Londra, nulla fu in grande di fermarla e per la città fu una ecatombe.

Dopo questo dramma si cercò finalmente di prendere provvedimenti risolutivi. Il riformatore Edwin Chadwik mise in questo impegno gran parte delle sue risorse e del suo tempo. Nel 1858 il Parlamento approvò la prima Legge per la Purificazione del tamigi. Un anno dopo l’ingegnere Joseph Bazalgette cominciò un grandioso schema la costruzione di 1300 miglia di tunnel fognari. Il suo lavoro trasformò Londra, il colera scomparve e le persone poterono finalmente camminare nelle strade senza sentirsi male dalla puzza. http://credit-n.ru/offers-zaim/otlnal-microzaimi.html http://credit-n.ru/zaymi-online-blog-single.html

Zola diventa Sir

Zola diventa Sir
Il sardo come Beckham, Jagger e l’autrice di Harry Potter
Lunedì la consegna a Roma dall’ambasciatore Sir Ivor Roberts
Il centrocampista del Cagliari Gianfranco Zola
 
ROMA – Membro onorario dell’Ordine dell’impero britannico. E’ una delle massime onorificenze del Paese, la stessa di cui si fregiano David Beckham, Mick Jagger o J.K. Rowling, la ‘madre’ di Harry Potter o tutta la nazionale di rugby campione del mondo. Adesso sua maestà la regina Elisabetta l’ha conferita a Gianfranco Zola centrocampista del Cagliari, per i suoi cinque anni di calcio inglese, al Chelsea, e per nobiltà di intenti. “Il giocatore straniero più duraturo nella storia del Chelsea”, si legge nella motivazione. E ancora: “Un eccellente ambasciatore del calcio e il modello ideale per giovani tifosi”. Emozionato il campione sardo appena appresa la notizia: “Mi sento sulla luna, è difficile descrivere certe emozioni. Sono molto onorato, non mi aspettavo di ricevere un tale riconoscimento. E’ una cosa che mi fa veramente piacere, mi sento un cittadino britannico”.

Anche se per la casa regnante inglese e tutti i suoi sudditi Zola potrà esser chiamato ‘Mbe’ (Member of the British Empire), per i tifosi di tutta Italia Zola sarà un vero e proprio ‘Sir’. Un pò sudamericano nel tocco di palla, molto ‘british’ nello stile dentro e fuori i novanta minuti di calcio giocato.

Tra gli esordi al Napoli all’ombra luminosa di Maradona a fine anni Ottanta, gli splendori di Parma e il ritorno alla sua Sardegna due stagioni fa, è la lunga parentesi londinese a rivelare la vera natura del piccolo genio di Oliena, oggi un trentottenne ancora capace di stupire con i piedi e con la testa: ‘trick box’, scatola magica, lo chiamano subito i tifosi del Chelsea, il club del quartiere più esclusivo di Londra.

Zola a Londra ha vissuto la sua seconda vita. Un campo di golf, una partita al sabato e poi il giorno dopo poche chiacchiere, un gran gol al volo, una punizione alla Dieguito, la nomina di giocatore dell’anno alla prima stagione. E soprattutto l’immediata identificazione con un modo di intendere il ‘football’. Due medaglie per la Fa Cup (nel ’97 e nel 2000), la Coppa di Lega inglese, la Coppa Coppe e la Supercoppa europea nel ’98’, la ‘Charity Shield’ nel 2000; ma il palmares di Zola, per Elisabetta II, è fatto di molto altro.

“La passione che naturalmente ha per questo sport – si legge nella motivazione dell’onorificenza – è unita a una determinazione a sostenere i più alti standard di comportamento. Durante tutto il periodo trascorso in Inghilterra è stato uno spiccato sostenitore di numerose iniziative di beneficenza, ricevendo estesa ammirazione per il modo in cui ha dedicato il gol decisivo per la vittoria nella coppa di Lega inglese a un ragazzo malato terminale, che aveva visitato in ospedale e che è deceduto recentemente”.

Anche il suo addio al Chelsea, nonostante l’appello dei tifosi londinesi, per tornare alla sua terra è un segno di “stile”. Lunedì sarà l’ambasciatore britannico in Italia, Sir Ivor Roberts, a consegnare per conto di Sua Maestà l’onorificenza a Zola, a Roma nella cornice suggestiva di Villa Wolkonsky. http://credit-n.ru/ipoteka.html http://credit-n.ru/offers-zaim/creditter-srochnye-zaymi-online.html

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