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Vialli il Chelsea e giocare in Ighilterra

Vialli il Chelsea e giocare in Ighilterra

di EMILIO MARRESE

“Allenare la Juventus è il massimo al mondo”. Così disse Gianluca Vialli, non molto tempo fa. Nel frattempo, però, potrebbe doversi accontentare di allenare l’Italia, sempre che la scelta della Figc cada su di lui nonostante l’opposizione di chi, come Franco Sensi, tutta quella juventinità manifesta non la gradisce affatto. Nell’attesa della panchina bianconera sicuramente Vialli, 38 anni, ritroverebbe quella passione per la nazionale che negli ultimi anni si era un po’ scolorita, dai mondiali americani del ’94 (dove Sacchi non lo volle) fino agli ultimi nippocoreani quando alla vigilia ammise che sì, avrebbe tifato Italia “perché è pur sempre il mio Paese. Ma non come prima”.

Per quanto ruolo difficile e ingrato, la guida della nazionale non sarebbe male come consolazione dopo i due dolorosi esoneri inglesi. Specie l’ultimo al Watford nella serie B britannica, la First Division, dove l’anno scorso non è riuscito ad andare oltre il 14esimo posto finale: probabilmente, però, il contratto triennale (da un milione e mezzo di euro) sarebbe stato ugualmente rispettato se l’ex club di Elton John non avesse avuto gravi problemi economici. Più traumatico fu il divorzio improvviso dal Chelsea nel settembre del 2000 dopo 4 anni da giocatore e allenatore con 5 trofei vinti (tra cui una Coppa delle Coppe e una Supercoppa europea). Ruppe con lo spogliatoio, specialmente con Zola e Deschamps, e il presidente Bates non esitò a licenziarlo: “Uno choc dal quale mi ci sono voluti sei mesi per riprendermi”, confessò poi.

E’ stato duro scoprire che il calcio non è poi così allegro e leggero nemmeno a quelle latitudini, tanto più per uno come lui che certo non vive il lavoro col distacco svedese di Eriksson: “Negli ultimi sette mesi al Watford la mia fidanzata mi ha detto che lo stress mi aveva anche cambiato i connotati, invecchiandomi”.

Figuriamoci come se lo ritroverebbe la bella arredatrice sudafricana Cathryn se dovesse partire con l’obbligo di salvare l’onore della patria e portarla agli Europei in Portogallo. Ma a partire con l’handicap, da ormai esperto golfista, è abituato.

Vialli ha il carisma, la leadership e la giusta ambizione per sedere su una grande panchina. Nella sua seconda vita calcistica s’è portato dietro le doti che lo avevano reso grande nella prima: caparbietà, serietà, meticolosità. Il Vialli tecnico è un perfezionista, quasi maniacale nella cura del dettaglio. Che questo possa poi bastare per raccogliere risultati, è un’altra faccenda. Il calcio cui si ispira, notoriamente, è quello di Lippi. “Il 4-4-2 con due ali che attaccano è il modulo che copre meglio il campo ma lo schema perfetto non esiste, così come non esiste il giocatore perfetto. Esiste il lavoro, la conoscenza del gioco e degli uomini. Una squadra si costruisce sull’asse portiere-centrale difensivo-regista-centravanti. Per le mie squadre cerco inizialmente uomini importanti, consapevoli, forti, flessibili. Gente che risolva i problemi e non li crei. Devono avere carattere e sapere che a volte avere carattere significa rinunciare per primo. Vivere è già difficile, giocare a calcio bene quasi impossibile. Il fatto che qualcuno ci riesca credo sia uno spettacoloso segno di speranza sulle possibilità dell’uomo”.

Il fiocco azzurro sul portone della sua villa londinese da 6,5 milioni di euro ad Hampstead potrebbe essere dunque attaccato tra qualche giorno, a dieci anni di distanza dall’ultima apparizione in campo, il 19 dicembre del ’92 a Malta: 59esima e ultima partita con gol, il 16esimo. Aspettando la chiamata di Carraro, Vialli segue le vicende in costante contatto coi suoi amici italiani, tra cui ovviamente Mancini. E se l’ipotesi azzurra diventerà realtà, al Trap potrebbe regalare una copia del Vialli European Manager, il videogioco cui ha recentemente dato il nome, per le sue serate libere. Ma tranquille.

(23 ottobre 2002) http://credit-n.ru/microzaymi-blog-single.html http://credit-n.ru/kreditnye-karty-blog-single.html

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